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La Procura: «Ichim rimane in carcere»

Maggio 2009: il ritrovamento sull’argine dell’Adige del cadavere di Aftenia VioricaIvan Ichim resta in carcere
Maggio 2009: il ritrovamento sull’argine dell’Adige del cadavere di Aftenia VioricaIvan Ichim resta in carcere
Maggio 2009: il ritrovamento sull’argine dell’Adige del cadavere di Aftenia VioricaIvan Ichim resta in carcere
Maggio 2009: il ritrovamento sull’argine dell’Adige del cadavere di Aftenia VioricaIvan Ichim resta in carcere

Non ha fatto in tempo a respirare il profumo della libertà, Ivan Ichim, che gli è stata notificata una nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere. Il badante moldavo, condannato a dieci anni e otto mesi per l’omicidio della moglie, ha visto accendersi, e subito rispegnersi, la speranza nel giro di poche ore, nemmeno il tempo di mettere i piedi fuori dalla cella di Montorio.

Dopo l’ordinanza dei giudici di Venezia, di cui abbiamo dato notizia ieri, che ne hanno disposto la liberazione, subito gli uffici della procura e del gip si sono attivati, come spiega il procuratore Angela Barbaglio. «Martedì il Tribunale del Riesame ha disposto la liberazione dell’imputato per decorrenza dei termini di custodia cautelare nella fase delle indagini preliminari», osserva il procuratore.

«In considerazione anche della sentenza di condanna dello scorso settembre, il pubblico ministero Giovanni Pietro Pascucci, titolare dell’inchiesta, ha subito fatto richiesta di “ricarcerazione” dell’imputato al giudice per le indagini preliminari Laura Donati», prosegue Barbaglio. «Immediatamente, dunque, è stata adottata una nuova ordinanza di ripristino della custodia cautelare in carcere, senza alcun rischio in termini di pericolosità per la collettività, dal momento che Ichim è rimasto sempre in carcere». Il gip Donati, infatti, ritiene che sussista «il pericolo reale e concreto che l’imputato si dia alla fuga, alla luce dell’entità della pena subita, dell’assenza di qualsivoglia interesse in l’Italia e del fatto che si è già dato alla fuga, o ha tentato».

Ma com’è potuto accadere questo? Il corpo della moglie Aftenia Viorica Ichim, 39 anni, è stato ritrovato sulle sponde dell’Adige nel 2009. Dopo complesse indagini per risalire alla sua identità, nel 2011 è stato spiccato un mandato di cattura internazionale per il marito Ichim.

Tre anni dopo, a fine novembre del 2015, il badante moldavo viene arrestato sul confine ucraino e portato nel carcere di Cernigov, ma il 29 dicembre successivo viene liberato, in quanto la domanda di estradizione (a distanza di oltre un mese) non è ancora arrivata, a causa, pare, di alcuni ritardi nella trasmissione degli atti da parte del ministero della Giustizia. Nemmeno otto ore dopo sempre al confine, però, Ichim viene nuovamente arrestato mentre cerca di entrare in Russia e portato in carcere, dove rimane fino al 7 dicembre 2016, quando viene estradato in Italia e finisce a Montorio. Assistito dal suo difensore, Massimo Dal Ben, lo scorso settembre Ichim compare davanti al gup Donati, che lo condanna a dieci anni e otto mesi, con rito abbreviato, per omicidio preterintenzionale e occultamento di cadavere. Storia conclusa? Tutt’altro. Perché martedì il Tribunale del Riesame si è espresso sui termini della misura cautelare, ritenendo che non fossero stati rispettati, senza tenere in considerazione però la sentenza di condanna emessa nel frattempo. Che non includeva una nuova ordinanza di custodia cautelare, perché Ichim era già in carcere. Cavilli giudiziari che hanno rischiato di far uscire di cella un imputato accusato, e già condannato in primo grado, per l’omicidio della moglie. Pericolo scongiurato.

Manuela Trevisani

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