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Diciottenne costretta ad abortire

«Farah prigioniera
in Pakistan». Aveva
già chiesto aiuto

L'esterno delle Sanmicheli
L'esterno delle Sanmicheli
L'esterno delle Sanmicheli
L'esterno delle Sanmicheli

È la madre a sorvegliarla in Pakistan. Sarebbero infatti a Verona il padre e il fratello di Farah, la giovane pakistana condotta in patria per abortire il figlio concepito assieme a un giovane veronese. Lo ha riferito l’assessore ai servizi sociali del Comune, Stefano Bertacco. «Non c’è nessuna volontà da parte della famiglia - ha proseguito Bertacco - di lasciare libera la ragazza alla quale, a quanto ci è stato riferito, sono stati sottratti i documenti ed è costantemente sorvegliata dalla madre e dalla sorella».

L’uomo, che gestisce un negozio nel capoluogo scaligero, aveva già subito denunce per violenze in famiglia. «La ragazza - ha detto Bertacco - ha aderito al Progetto Petra, la struttura che si occupa delle violenze sulle donne, in particolare tra le mura famigliari. È stata ospitata in un appartamento protetto fino al 9 gennaio, quando ha comunicato che si era riconciliata con la famiglia e le è stato concesso, essendo maggiorenne, la libertà di scegliere e tornare a casa dai genitori».

La giovane, che frequentava le Sanmicheli, aveva anche chiesto di continuare a partecipare agli incontri di mutuo-aiuto organizzati dal Centro con le donne vittime di violenze in famiglia «ma non ha mai partecipato. Ha comunicato che era andata in vacanza. Poi si è appreso che era tornata in Pakistan per il matrimonio del fratello, probabilmente è stata una scusa per farla allontanare da Verona. In seguito al Centro Petra si è presentato il fidanzato ed è scattato l’allarme».

Del suo caso stasera se ne parlerà anche a Diretta Verona.

Il Comune di Verona ha confermato la piena disponibilità ad accogliere nuovamente la ragazza) in qualche casa protetta: «Purtroppo - ha concluso Bertacco - la situazione si è spostata in Pakistan; ci stiamo muovendo tutti ma essendo cittadina pakistana anche la Farnesina non ha molti margini di intervento. Di sicuro ad oggi non c’è nessuna testimonianza di come la ragazza vi sia stata portata».

 

IL CASO IN PARLAMENTO

«Una cosa inaudita. Se risultasse vero che una veronese è stata costretta ad abortire nel paese d’origine dei genitori, saremmo di fronte ad un atto criminale da punire con la massima severità. È una vicenda che coinvolge la vita di tanti veronesi, amici e altro: nessuna propaganda, ma la richiesta di certezze e di giustizia. Con un’interrogazione parlamentare ho chiesto al ministro degli Esteri di fare la propria parte affinchè sia accertata la verità, i responsabili vengano puniti e la ragazza sia riportata al più presto al sicuro a Verona».

Lo dice il senatore del Pd Vincenzo D’Arienzo.

 

 

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