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Nuovo canale sotterraneo
per irrigare senza «Pfas»

Il bacino di decantazione del canale Leb, a Cologna Veneta
Il bacino di decantazione del canale Leb, a Cologna Veneta
Il bacino di decantazione del canale Leb, a Cologna Veneta
Il bacino di decantazione del canale Leb, a Cologna Veneta

Un tubo per battere i Pfas che un altro tubo, anzi un «tubone», immette nel Fratta-Gorzone: il fiume che qualche tempo fa era noto alle cronache come il «corso d'acqua più inquinato d'Italia», a causa degli scarichi delle concerie vicentine della Valle del Chiampo, e che da qualche anno, grazie al collettore che convoglia i reflui di cinque depuratori berici e li scarica a Cologna, si è scoperto essere anche il ricettore di notevoli quantità di sostanze perfluoro-alchiliche. Secondo i dati diffusi da Arpav, nel 2016 a Zimella, quindi prima dello scarico del collettore Arica, c'erano presenze di Pfoa e Pfos da quattro a quasi 30 volte superiori ai valori di riferimento. Una situazione che, nel giugno di quest'anno, era almeno tre volte superiore a quella di Zimella nel punto in cui nel fiume sbocca il «tubone». E questo nonostante in quel punto vengano scaricati costantemente anche sei metri cubi di acqua pulita derivata dall'Adige, a scopo di «rivivificazione».

L'idea dell’«anti-tubo» è venuta al Consorzio di bonifica Adige Euganeo, che opera nel Padovano, il quale ha elaborato un progetto che interessa anche il Veronese e pare poter avere una via preferenziale di approvazione proprio perché è stato concepito come mezzo di contrasto agli effetti della contaminazione. L'ipotesi formulata dai tecnici consiste nella creazione di un canale sotterraneo che parta da Cologna e, passando per Pressana, Minerbe, Montagnana, Urbana e Merlara, arrivi a Castelbaldo, nel Padovano. Una condotta lunga 20 chilometri che si snoderà attraverso 7mila ettari di terreno, correndo poco più di un metro sotto il piano campagna, e che sarà larga da un minimo di 60 centimetri ad un massimo di due metri, garantendo una portata di 2,5 metri cubi al secondo di acqua. Acqua che sarà derivata a Cologna dal canale artificiale Leb, che a sua volta la prende dall'Adige, a Belfiore. Chiaramente, lo scopo di quest’operazione è quello di far sì che si finisca di irrigare i campi con l'acqua del Fratta-Gorzone. Un fine perseguibile mettendo in atto un'operazione costosa - la spesa ipotizzata è di 20 milioni - ma comunque ben più sostenibile di un ipotetico risanamento del fiume. «Chiaramente quella di poter usare nel territorio a sinistra del fiume Fratta acqua pulita costituisce il punto di forza principale di questa idea», spiega il presidente dell'Adige Euganeo Michele Zanato, «ma non va dimenticato che con quest'opera, poco invasiva, sarà anche possibile eliminare sperperi di risorse idriche». In buona sostanza, usando il telecontrollo e speciali apparecchi di rilevamento, sarà possibile ridurre l'utilizzo d'acqua del 25 per cento.

«L'Adige Euganeo ha un diritto di derivazione già esistente, per cui quest'opera si inserirebbe in una situazione già formalizzata», sottolinea Luciano Zampicinini, presidente del consorzio di secondo grado Leb, che gestisce l'omonimo canale. «In ogni caso», aggiunge, «proporrò che l'acqua trasportata da questa condotta sia messa a disposizione anche del territorio veronese attraversato dal Fratta, in modo che si possa cambiare anche qui fonte di approvvigionamento degli impianti irrigui». Una proposta che per Zanato è accoglibile e che secondo i tecnici è già prevista. Il consorzio è pronto ad aprire i cantieri già fra un mese, per poi realizzare il canale in due anni. Ora, tutto dipende dai finanziamenti del ministero dell'Ambiente e della Regione. A quanto pare, però, sia a Roma che a Venezia non manca l'interesse per l'opera anti-Pfas.

Luca Fiorin

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