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Greenpace: «Chi ha inquinato
rischia di non poter pagare»

L’atto della Corte dei ContiLa discarica di Ca’ FilissineIl collettore del lago di Garda
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Luca Fiorin

VENEZIA

L’azienda chimica che secondo la Regione e l’Arpav è la responsabile per più del 97 per cento dell’inquinamento da Pfas, la Miteni spa di Trissino, non avrebbe i soldi per pagare, qualora fosse condannata a farlo, la bonifica e i danni dovuti alla contaminazione.

Questo è quanto emerge da un rapporto presentato da Greenpeace, a Venezia nella Sala San Leonardo, in seguito a uno studio effettuato dell’istituto di ricerca indipendente olandese Somo in collaborazione con Merian Research di Berlino. «Da questa indagine», spiega Giuseppe Ungherese, il responsabile della campagna inquinamento di Greenpeace, «emerge che Miteni ha chiuso i suoi bilanci in passivo negli ultimi dieci anni e che il collegio sindacale dell’azienda, nell’ultimo bilancio, ha invitato la proprietà a una ricapitalizzazione per non compromettere la continuità aziendale». «Dal 2009 Miteni fa parte del gruppo Icig, a sua volta controllato dalla holding lussemburghese Ici Se (International Chemical Investors), che, a fine 2016, aveva in cassa più di 238 milioni di euro. Sempre guardando al bilancio 2016, le risorse finanziarie di Miteni erano invece pari ad appena 6,5 milioni di euro. Una cifra modesta se paragonata con i soli costi per il rifacimento degli acquedotti che la Regione stima in 200 milioni».

MA NON È TUTTO, visto che quanto espone l’associazione ambientalista potrebbe avere dei rilievi anche su altri piani. «L’attuale proprietà Miteni ha più volte sostenuto di non essere responsabile dell’inquinamento, riconducendolo alle precedenti gestioni, tuttavia la vendita della società da parte di Mitsubishi ad Ici per solo 1 euro, a fronte di un valore superiore a 33 milioni, e la continuità di cariche di Brian Anthony McGlynn nelle due gestioni, pongono dei seri interrogativi sulla possibilità che l’attuale proprietà non sapesse della contaminazione», afferma Greenpeace.

Rivelando, poi, che nei documenti contabili dell’azienda si fa riferimento ad una barriera idraulica attiva dal 2005, i portavoce del sodalizio ambientalista si chiedono «come mai fosse presente un’opera di questo tipo, che viene usata per la bonifica dei siti inquinati, e perché le autorità locali avessero chiesto di potenziarla prima della scoperta dell’inquinamento da Pfas».

Miteni ha diffuso una nota in cui afferma che Icig ha acquisito Miteni quando era in passivo per 4,8 milioni di euro, che per questo è stata venduta ad un prezzo simbolico, e che l’ha rilanciata, tanto che sono in corso solo quest’anno 15 nuove assunzioni. Contestando la lettura dei bilanci di Icig proposta da Greenpeace, Miteni ribadisce poi che non sapeva nulla degli studi ambientali commissionati da Mitsubishi, che avevano portato alla conferma dell’inquinamento ben prima che venisse scoperto dagli enti pubblici.

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