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Don Bizzotto: «Chiudere la Miteni»

Don Albino Bizzotto al convegno di Cologna Veneta
Don Albino Bizzotto al convegno di Cologna Veneta
Don Albino Bizzotto al convegno di Cologna Veneta
Don Albino Bizzotto al convegno di Cologna Veneta

«C’è un solo modo per affrontare il problema dell’inquinamento da Pfas: chiudere il rubinetto da cui si diffonde la contaminazione». Don Albino Bizzotto, il sacerdote vicentino fondatore dell’associazione Beati i costruttori di pace, nell’intervento che ha fatto sabato a un convegno organizzato da Legambiente a Cologna non ha certo usato mezzi termini. «Queste sostanze si accumulano, nell’ambiente e nell’uomo, per cui per prima cosa è necessario fermare la loro crescita bloccandone la produzione», ha spiegato. Trovando sulla sua stessa lunghezza d’onda, nell’invocare la chiusura dell’azienda chimica Miteni di Trissino, Vicenza, che sostiene di non inquinare più che secondo l’Arpav è responsabile per oltre il 97 per cento dell’inquinamento dell’acqua di un ampio territorio fra le province di Verona, Vicenza e Padova, anche il sindaco di uno dei tredici comuni del Sud-Est della provincia veronese che fanno parte della zona rossa. Il primo cittadino di Pressana Stefano Marzotto, secondo il quale «non è possibile che mentre ci dicono che dal sito di Miteni non vengono più rilasciati Pfas, nelle acque che porta a Cologna il collettore Arica, che raccoglie i reflui di cinque depuratori del Vicentino, compreso quelli di Trissino, tali sostanze continuino ad esserci in abbondanza». «Non capisco che modo di procedere sia quello che non mette in primo piano la salute del pianeta e la salvaguardia dell’acqua, che è l’origine della vita sia materiale che spirituale, e bene ha fatto papa Francesco a benedire le mamme no-Pfas», ha affermato don Bizzotto. «La situazione è preoccupante, visto che le sostanze perfluoro-alchiliche finiscono nel sistema endocrino delle persone e negli alimenti», ha aggiunto. «Io mi metto nei panni di una donna che sta per partorire e già sa che la sua creatura ha una salute a rischio e non posso non sentirmi impotente; ora serve una presa di responsabilità collettiva volta ad agire in maniera forte, perché il caso dei Pfas è emblematico di come non ci sia più un senso del limite e si mettano i soldi davanti al bene primario che è il pianeta, in quanto fonte della nostra vita». D’altronde, proprio l’inquinamento da Pfas non è che l’ultimo di una serie di avvenimenti negativi di cui il territorio del Colognese e della Bassa è vittima da decenni. A ricordarlo, nella manifestazione di sabato, una mostra di immagini, documenti ed articoli di giornale raccolti dagli ambientalisti nel corso di decenni e le parole di Gianni Tamino. Biologo dell’università di Padova ed ex europarlamentare verde che delle contaminazioni riguardanti quest’area si interessa da tempo. «Già negli anni Cinquanta c’erano sversamenti nell’ ambiente di concerie e aziende meccaniche, tanto che sin dall’inizio del decennio successivo si è iniziato a parlare della necessità di realizzare depuratori», ha ricordato. «Questo territorio è martoriato da più di mezzo secolo a causa di una politica sbagliata, di cui uno dei simboli è il tubo Arica; invece di intervenire per eliminare l’inquinamento dove veniva prodotto si è preferito spostarlo a valle, spendendo soldi pubblici e facendo si che qui sia arrivato di tutto, dal cromo, i solventi ed i metalli derivanti da concerie ed altre industrie, sino ai Pfas, che nel Vicentino vengono prodotti ed usati in grandi quantità». D’altronde proprio quel «tubone» che continua a scaricare nel fiume Fratta-Gorzone un’acqua nerastra, continua ad essere oggetto di attenzioni. Tanto che da tempo si parla di prolungarlo ancora. «Il nostro territorio continua a subire violenza e ad essere sconfitto a causa degli interessi di altri», commentava sabato il sindaco Marzotto. «A questo punto», ha poi buttato lì, «non escludo che nottetempo qualcuno decida di fermare davvero il collettore, con una colata di cemento». Difficile dire se si tratti di un avvertimento o di una dichiarazione che vuole esprimere lo stato di esasperazione che sta provocando il costante arrivo nel Colognese di carichi inquinanti dal Vicentino. Fatto sta che anche secondo gli ambientalisti la situazione deve essere modificata. «Purtroppo i politici continuano a trattare quest’area come una terra di confine e di conquista», afferma Piergiorgio Boscagin, rappresentante del comitato di Legambiente di Cologna Perla blu. «I Pfas costituiscono solo l’ultima emergenza di u- na situazione figlia della scelta di far prevalere gli interessi di pochi sul benessere di un’intera popolazione, ma è giunta l’ora di dire basta». •

Luca Fiorin

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