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«Oltre due milioni
gli studenti
che ci seguono»

Andrea Ceccherini Andrea Ceccherini Andrea Ceccherini
Andrea Ceccherini Andrea Ceccherini Andrea Ceccherini
Andrea Ceccherini Andrea Ceccherini Andrea Ceccherini
Andrea Ceccherini Andrea Ceccherini Andrea Ceccherini

ROMA

Alla luce del grande successo dell’iniziativa «Quotidiano in classe», il presidente dell’Osservatorio Giovani Editori, Andrea Ceccherini, non può che essere soddisfatto di un progetto, nato nel 2000, e che negli anni ha raggiunto numeri eccezionali: 2.094.000 studenti coinvolti, grazie al lavoro e alla disponibilità di 45.400 insegnanti. Un successo che dimostra come l’interscambio tra informazione ed educazione scolastica apre prospettive nuove per le giovani generazioni.

Dottor Ceccherini, per il successo di questa idea, qual è stato il contributo dei quotidiani locali?

«È stato un contributo certamente importante. Noi mettiamo a disposizione dei ragazzi tre quotidiani, ognuno leader nel proprio campo. In molte realtà, come a Verona, uno dei tre è il giornale di riferimento del territorio. L’obiettivo è sviluppare lo spirito critico degli studenti, e grazie ai giornali locali l’Osservatorio è potuto crescere sul territorio conquistando studenti e docenti in maniera più capillare. Anche perché l’attenzione dei ragazzi viene più facilmente agganciata con fatti vicini a loro, più capaci di attrarli. Spesso i temi che si trattano in classe partono da fenomeni locali. Inoltre, i temi più trattati sono in assoluto quelli i cui protagonisti sono ragazzi di età simile a quella degli studenti. L’argomento più dibattuto di sempre nelle classi fu quello del caso di Erika e Omar».

Alla luce dell’ottima risposta delle scuole all’iniziativa dell’Osservatorio, qual è a suo parere il ruolo dei quotidiani tradizionali oggi, con la crescita dei nuovi media?

«Devo dire che per il nostro progetto contano i contenuti, non il supporto su cui questi viaggiano. Non abbiamo preclusioni verso i quotidiani sui tablet. La scuola italiana però è indietro nel campo dei supporti digitali, quindi non sempre sono disponibili le copie digitali dei quotidiani. In ogni caso, per chi come noi punta ad elevare lo spirito critico dei ragazzi, conta la qualità dell’informazione. La carta però consente certamente una riflessione più gestibile in classe: con i quotidiani tradizionali l’insegnante sa quale pagina stanno consultando gli alunni, mentre con i tablet il controllo è un po’ più complicato».

Nel 2000, quando avete avviato il progetto del «Quotidiano in classe», vi sareste aspettati una simile risposta?

«Mai, nella maniera più assoluta. Ancora oggi sono incredulo, abbiamo superato le più rosee aspettative, non ci saremmo mai aspettati una partecipazione simile. Oggi sono coinvolti otto ragazzi su dieci, e noi siamo stupiti di questi numeri. Ci auguriamo però che sia un’operazione utile per loro e per il loro futuro. In modo che, fra qualche anno, possiamo sperare in un Paese migliore».C.M.

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